E’ il giorno in cui si va a caccia.
Anna, Roberta e Christine dentro l’auto, il cui bagagliaio è stato debitamente svuotato, per fare largo agli acquisti è pronto ad accogliere il materiale per le prossime produzioni.
Arrivati dai nostri rivenditori di fiducia la linea di intervento è sempre la stessa: ragazze, mi raccomando, questa volta si lavora di squadra.
Entrate nel magazzino e distribuiti i saluti di rito, l’attimo dopo le tre si sono già sparpagliate, partite per destinazioni diverse, tra rotoli e tirelle, si lanciano richiami, mugolii, esclamazioni di gioia e sorpresa.
l’una raggiunge l’altra e l’altra raggiunge l’una.
Questa stoffa è quella, giusta, questa posala che veramente non si capisce come tu abbia potuta prenderla in considerazione, chi storce la bocca e chi per prima acchiappa un lembo per appropriarsi della proprietà intellettuale e della fortuita pesca.
Tutto questo dura un tempo indefinito che è esattamente il tempo in cui la Moscocca preferirebbe essere altrove e giura a se stessa che mai più, ma mai più parteciperà a questa caccia al tesoro.
Sfinite, appagate, ricche e cariche come muli: “Signorine, se mi dite dove e’ la macchina vi aiutiamo a caricare tutto quanto” sono le parole che tutte quante noi volevamo sentirci dire.
Pur non di meno abbiamo almeno due sacchi a testa ed io personalmente uno lo perderei volentieri per strada.
Arrivate al laboratorio Coccadoro io, come cosa morta, mi poso su una sedia, accendo il pc e fingo di avere una improcrastinabile deadline, di una indifferibile deadline, di una inderogabile deadline.
A loro, le Cocche, le attende la seconda parte del rito che e’ prendere gli ambiti drappi e stenderli sul gran tavolo dell’opificio. Prima vengono così’ travasati dai sacchi, facendone piccoli mucchi, poi a poco a poco e piano piano cominciano a stendere le stoffe e ad avvicinarle le une alle altre, senza un ordine preciso.
Le tre sono possedute dal sacro fuoco della texture, spalmate sul tavolo, si contendono i tessuti, riverse sul piano esprimono tutto il loro stupore complimentandosi l’una con l’altra, per il geniale acquisto, per il favoloso possibile accostamento, si danno il cinque come giocatori di rugby. Non esiste una regola, né un vincolo cromatico, esistono soltanto una serie di connessioni che avvengono tra i panni come se questi fra loro dialogassero e delle interazioni fra le tre Cocche che a questo punto cominciamo a commentare e ad immaginare.
Da questo magma per caso o vocazione vengono fuori i primi accostamenti talvolta, si creano impressioni, visioni di immagini future, disegni che sono ancora abbozzo di una serie infinita di possibilità.
Ma questo è solo l’inizio di un nuovo processo produttivo.
Questo è il canto dei tessuti.
Non dimenticate di seguirci per la prossima puntata.
IL CANTO DEI TESSUTI, L’ASCOLTO DEGLI OCCHI
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Mar