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L’ABITO E IL MONACO

Prima si diceva unisex, adesso il termine è genderless o agender (non quella appena acquistata per l’anno 2021).

E’ un termine utilizzato nella moda che però definisce uno stile, non sempre una forma (perché i capi sono spesso appositamente deformati) ed è sicuramente una filosofia.

Ha radici molto più lontane di quanto che si possa credere, basti pensare ai blue jeans.

Di moda unisex se ne parlava già negli anni sessanta e, nel tempo, Giorgio Armani diventò il manifesto di un pret a porter che poteva appartenere, comodamente, al femminile come al maschile.

Dapprima fu il femminile ad irrigidire e a “mascolinizzare”  i suoi tagli, nel tempo fino ad oggi l’inversione è netta: l’abbigliamento maschile da tempo si è ingentilito, ha preso forme e grazia da quello femminile, si è fatto talvolta più’ lezioso e barocco.

Ma la verità probabilmente è unica e sta nel voler indossare ciò che meglio ci rappresenta.

La sartoria e l’abbigliamento fanno da sempre da portavoce a stili di vita e movimenti di pensiero.

In una società fluida, termine coniato nel 2018 da Bauman, dove l’identità di un individuo a volte non si rispecchia nella sessualità o nell’interpretazione dei ruoli, meno che meno oggi trova rappresentazione nel modo di vestire.

 Photo by Gemma Chua-Tran